lunedì 25 gennaio 2010

Whakarewarewa, la cittadina dei Maori, dei geysers e delle terme

Whakarewarewa è un nome di origine maori che abbrevia l'espressione Te Whakarewarewatanga O Te Ope Taua A Wahiao, che significa "La rivolta dei guerrieri di Wahaio". Oggi questo nome sta ad indicare una località dell'isola settentrionale della Nuova Zelanda, situata tra la città di Rotorua e il lago di Taupo. Whakarewarewa è famosa sia per la presenza dei Maori, popolo indigeno della Nuova Zelanda, sia per le sue caratteristiche idro-geologiche. Tutta la cittadina è decorata con motivi Maori e le guide che conducono i turisti a visitare la città sono Maori che spiegano la storia dei loro antenati nel villaggio, eseguono danze folkloristiche appartenenti alla loro tradizione culturale, come l'haka, e, talvolta, insegnano a cucinare il cibo nelle sorgenti d'acqua calda, come ad esempio il mais o le uova cotte direttamente immergendole in acqua con un panno. Questa è una della attività che i Maori fanno lì da quando sorse il loro primo insediamento, e che dimostra come le caratteristiche geo-termali della zona abbiano favorito l'insediamento dei Maori, che approfittavano dell'acqua calda proveniente dal terreno anche per il riscaldamento. Oltre al suo legame con i Maori, Whakarewarewa, spesso abbreviata in Whaka dagli abitanti del posto, è caratteristica anche per i suoi geysers, ciascuno con il suo nome, e più di 60 in tutto, di cui 7 oggi ancora attivi, per le sue piscine di acqua termale, più di 500, e per il vapore che esce dalla sua terra. Per chi fosse interessato a conoscere meglio Whakarewarewa, queste sono alcune immagini del posto, questi sono alcuni video girati lì, mentre per chi volesse visitare la cittadina, su questo sito, in inglese, è possibile trovare informazioni utili per la sistemazione in loco.

martedì 19 gennaio 2010

Gli Igbo, etnia del sud-est della Nigeria

L'etnia predominante nelle regioni sud-orientali della Nigeria è quella degli Igbo. In Nigeria essi costituiscono circa il 17% della popolazione, ma vi sono anche Igbo che vivono in altri paesi africani, come per esempio in Camerun e in Guinea Equatoriale. In tutto formano un popolo di circa 50 milioni di abitanti. Nella loro storia essi hanno conosciuto il terribile periodo della deportazione degli schiavi, che ha portato molti Igbo nel territorio oggi degli Stati Uniti, e, più recentemente, una tragica guerra, la cosiddetta Guerra del Biafra, dal 1967 al 1970, con cui essi cercarono di fondare uno stato indipendente dalla Nigeria, ma che invece finì con una loro sconfitta e con successive discriminazioni e violenze brutali nei loro confronti da parte delle altre etnie, uscite vittoriose dalla guerra. In seguito a quella guerra essi conobbero anni di povertà, miseria e in tanti furono costretti ad emigrare altrove. Originariamente l'organizzazione sociale e politica degli Igbo era basata, salvo alcune eccezioni, su un sistema democratico di comunità rette da assemblee costituite da persone normali, senza re o comandanti. La successiva colonizzazione inglese ha importato in queste comunità un sistema di gestione politica e sociale più gerarchico. Il periodo coloniale ha anche accentuato il senso identitario di appartenenza etnica degli Igbo, fino ad allora molto tenue. Molti Igbo vivono di agricoltura nelle aree rurali della Nigeria, e coltivano patate, manioca e taro. La loro lingua è l'Igbo, che conta al suo interno molti dialetti diversi. Questa etnia aveva originariamente un modo particolare di misurare il tempo: 1 anno era costituito di 13 mesi, 1 mese aveva 7 settimane e 1 settimana aveva 4 giorni, e l'ultimo mese dell'anno aveva un giorno aggiuntivo, per un totale di 365 giorni l'anno. All'interno della cultura Igbo, il genere musicale più diffuso è quello dell'highlife, mentre tra gli strumenti tradizionali più usati tra gli Igbo, vi sono l'udu, l'ekwe e l'igba, che sono strumenti a percussione, l'opi, uno strumento a fiato simile al flauto, e l'ogene, costituito da una grande campana di metallo. Gli Igbo sono dei maestri nella fabbricazione di maschere, di legno ma anche di altri materiali, che essi usano nelle festività e in alcune ricorrenze religiose. A proposito di religione, oggi gli Igbo, a causa delle diffusione del cristianesimo successiva alla colonizzazione, sono prevalentemente cristiani, eccetto una piccola una minoranza ebraica, ma un tempo la loro religione originaria era l'odinani, una religione monoteistica che aveva nel "grande spirito" Chukwu il creatore e signore supremo dell'universo. Per conoscere meglio gli Igbo, questi sono alcuni video su di loro e sulla loro cultura.

lunedì 11 gennaio 2010

Agadez, la città di confine

E' chiamata la città di fango rosso, ed è un dedalo di strade sabbiose e costruzioni basse fatte con stile architettonico sudanese. E' Agadez, situata al confine tra il deserto di Ténéré, a ovest, e il massiccio dell'Air, a nord; e il confine è una dimensione che caratterizza questa città anche dal punto di vista antropologico, dato che è il luogo di incontro tra popolazioni nomadi e popolazioni sedentarie, e dal punto di vista politico, dal momento che è una città controllata dalle forze governative, ma abitata anche dai ribelli Tuareg, che hanno un loro importante rifugio nel massiccio dell'Air, ma che sono presenti in gran numero nella città di Agadez, oltre ai nomadi Peul, ai commercianti Haussa, e ad altri gruppi etnici locali. Nel Medioevo e nella seconda metà del secolo scorso, Agadez ha conosciuto 2 fasi storiche di forte crescita diventando uno dei centri commerciali più importanti di questa zona del continente africano. Il secolo scorso fu a causa della scoperta dei giacimenti di uranio, scoperta che però ancora una volta ha arricchito le imprese europee che hanno gestito le estrazioni e non la popolazione del posto, che anzi è costretta ad emigrare in cerca di futuro. Da qui ancora oggi passano decine di migliaia di migranti ogni anno, per arrivare prima in Libia e poi in Europa, come spiega bene un reportage di Fabrizio Gatti, di cui si può vedere qui la prima parte, e qui la seconda. In questa città intrisa di dramma umano, si può ammirare l'architettura tipica delle case, cosi come della grande mosquée, eretta nel 1515 e ricostruita nel 1844, con il suo minareto piramidale, che è simbolo della città e da cui si può ammirare un bellissimo panorama sui monti dell'Air e sul deserto circostante. Il grand marché, il mercato della città, offre uno spaccato di umanità ricca e vivace e mette in mostra diversi oggetti di artigianato tipici della zona, come le croci di Agadez colate negli stampi con il metodo della cera persa, i talismani tcherot, la spada takouba, i sandali colorati samaras, i cuscini in cuoio coussins e le selle da cammello con il pomo a forma di croce. Oltre alle aree del mercato occupate dagli artigiani, vi è anche una zona del mercato riservata ai contadini Tuareg, dove essi vendono la loro frutta e la loro verdura. Un'altra zona molto interessante della città di Agadez è il viex quartier, il quartiere vecchio della città, fatto di strade tortuose, di piccole botteghe e di abitazioni sudanesi con decorazioni ispirate ai motivi geometrici degli Haussa. Per i mattinieri, è interessante anche vedere il mercato dei cammelli, che si tiene di prima mattina. Qui è possibile vedere alcune immagini della città di Agadez.