lunedì 25 febbraio 2008

Berat, la città museo dalle mille finestre

Berat, situata a 122 km a sud-est di Tirana, è chiamata anche città dalle mille finestre, per le numerosissime finestre che si succedono sulle superfici delle case, tutte con pareti bianche e tetti rossi. Camminando per la sua strada principale, che costeggia il fiume Osum, durante una giornata di sole, si è circondati e quasi accecati dai riflessi della luce solare che i vetri delle finestre irradiano dappertutto. La strada infatti si snoda nel fondovalle tra i due quartieri più importanti di Berat, Mangalem, il quartiere musulmano, e Gorica, il quartiere cristiano. A sovrastare la cittadina sono i due monti, Tomorri e Shpirag, che la leggenda vuole fossero giganti, che si uccisero a vicenda per contendersi una giovane fanciulla, che, dopo la morte dei due giganti, si mise a piangere, e le sue lacrime andarono a formare il fiume Osum. Luogo molto suggestivo di Berat è la sua fortezza, risalente al basso impero, che si trova nella parte alta della città. Essa è circondata da imponenti mura di cinta interrotte da 24 torri, fu fatta con gigantesche pietre di forma quadrata, e ha 4 porte d'accesso, una grande e 3 più piccole. La fortezza fu costruita nel XIII secolo dai cristiani, per difendersi dagli ottomani, e in essa furono edificate ben 20 chiese. Tra queste, oggi ne sono rimaste e se ne possono ammirare solo alcune, tra cui la Chiesa di Nostra Signora, la Chiesa della Santissima Trinità, la Chiesa degli Evangelisti e la Chiesa di San Michele. Accanto alla prima si trova un museo molto interessante con le opere del pittore Onufri, uno dei più importanti pittori tardo-medioevali dell'Albania, e di suo figlio Nikolla. Sulla roccia sottostante la fortezza si trovano alcuni piccoli monasteri, che meritano una visita per i loro affreschi. Ma in Berat meritano una visita anche alcune moschee molto belle, come la Moschea di Piombo, la Moschea del Re, la Moschea dello Scapolo e l'Alveti Tekke, un piccolo tempio presso il quale in passato officiavano le loro celebrazioni sette islamiche come i dervisci. Berat è una di quelle città definite città-museo da Enver Hoxha nel 1961. Qui è possibile vedere alcune immagini di Berat, mentre su questo sito si possono trovare informazioni utili per chi volesse visitarla.

mercoledì 20 febbraio 2008

Ai-Khanum, importante sito archeologico dell'Afghanistan

Nella parte orientale della pianura di Battriana, si trova uno dei più importanti siti archeologici dell'Afghanistan, Ai-Khanum. Situato su una collina alta meno di 100 metri, e circondata da possenti mura di cinta in mattoni crudi, Ai-Khanum era una città greco-ellenistica la cui fondazione viene attribuita ad Alessandro Magno intorno al 329-327 a.C. Ma in molti sostengono che a fondarla fu Seleuco I, intorno alla fine del IV secolo a.C. La cittadella fu saccheggiata dai nomadi a metà del II secolo a.C., e testimonianza della sua distruzione sono alcuni lingotti d'oro, ottenuti dalla fusione di oggetti preziosi da parte dei conquistatori. Centro di questo sito archeologico, scoperto nel 1962, è il palazzo reale, con un ingresso caratterizzato da un piccolo propileo, da una grande corte di rappresentanza con peristilio rodio, e da 108 colonne in pietra con capitelli corinzi. La parte interna del palazzo è costituita da due zone, una di rappresentanza, con uffici e sale di ricevimento, e l'altra residenziale, con cortili inframezzati ai diversi locali. Caratteristica specifica del palazzo reale è l'ndipendenza dei vari blocchi residenziali garantita da un sistema di corridoi che li isola, elemento tipico dell'architettura orientale. Oltre al palazzo reale, nel sito di Ai-Khanum si trova anche il maggiore di quelli che furono i templi della città, che svetta su un alto podio a gradini, e una imponente piattaforma a gradoni, costruita a cielo aperto, che si trovava al centro di un altro grande santuario, di cui costituiva il luogo sacro. Ad arricchire i resti di questo sito archeologico anche il teatro, il più orientale di tipo greco trovato al di là dell'Eufrate, una grande costruzione rettangolare con gradinate di stile orientale, il ginnasio, caratterizzato da due cortili, alcune abitazioni di ricchi coloni, e una necropoli di cui fa parte una stele funeraria rappresentante un Efebo. Si possono ammirare in esposizione anche alcuni oggetti che testimoniano la simbiosi dell'arte greca con tradizioni più orientali, come la placca raffigurante la dea greca Cibele sul carro, o la placca con scene mitologiche che rappresenta una delle più antiche testimonianze dell'arte figurativa indiana. Queste sono alcune immagini di Ai-Khanum e degli oggetti in essso ritrovati.

martedì 12 febbraio 2008

Todos Santos, meta prediletta di artisti e surfisti

E' un angolo di Messico che regala ancora forti emozioni quello di Todos Santos, a parte la leggenda dell'Hotel California legata alla canzone degli Eagles. Situato sulla Baja California, Todos Santos è un piccolo villaggio di 4.000 anime, tranquillo e immerso nelle bouganville. Ultimamente è meta dei californiani che, stanchi dei prezzi immobiliari del proprio paese, vi si rifugiano, comprano un terreno e si costruiscono una villetta vicino al mare. Non c'è una sola cosa che attira in questo posto, ma un mix di attrazioni quasi "fatali". C'è il clima particolare, mite e piacevole, c'è la natura rigogliosa, ricca di palme e piante di avocado, bagnate dall'acqua che scende dalla vicina sierra La Laguna, c'è il ritmo lento e la tranquillità della zona di frontiera, con le sue spiagge deserte e le sue strade non asfaltate. Ma chi viene a godere di tutte queste cose? Sono innanzitutto pittori, musicisti, galleristi e artisti di ogni genere una delle fette più cospicue del popolo di Todos Santos. A questi si mescolano turisti di passaggio, appassionati surfisti che vengono un po' da tutto il mondo, pescatori messicani indaffarati nel loro lavoro quotidiano e ancora qualche vecchio hippy americano nostalgico degli anni '60. Qui si possono vedere alcune immagini di Todos Santos.

lunedì 4 febbraio 2008

Con il treno a 4.827 metri d'altezza tra Ticlio e La Oroya

Quando nel 1870 vinse l'appalto per costruire questa ferrovia, Henri Meiggs disse: "Io porterò le rotaie, fin dove può arrivare un lama". E costruì uno dei tratti ferroviari più alti al mondo, detto anche "la ferrovia dell'impossibile", che parte dalla stazione di Lima Desamparados, e arriva fino a Huancayo. Il punto più alto cui arriva il treno che percorre questa tratta è posto a 4.827 metri tra la stazione di Ticlio, posta a 4.781 metri d'altezza, e quella de La Oroya. Affascinante il paesaggio che si attraversa, con il treno che sale su ripidi tornanti, su una traccia strettissima scavata nella roccia a perpendicolo sullo strapiombo, salendo con incredibili pendenze. Appena prima di Tamboreque, a 3.100 metri di altezza, il treno effettua una salita di oltre 700 metri di dislivello in soli 17 km. Questo grazie a un sistema innovativo a zig zag inventato dall'ingegnere polacco Malinowski: quando il treno spinto dalla locomotiva arriva alla fine di un tratto, uno scambio viene azionato e fa procedere il treno a ritroso con la locomotiva in spinta, lungo una nuova acclive rampa, fino a raggiungere un nuovo binario orizzontale, dove, girato lo scambio, il treno riprende a salire con la locomotiva di nuovo in testa. Questa strana danza del treno si ripete per ben 9 volte con 18 inversioni del senso di marcia. Tra i posti più suggestivi che si attraversano con questo treno la gola del fiume Rimac, talmente aspra e selvaggia da meritare l'appellativo di Infernillo. Per rendersi conto in che paesaggi si viaggia con questo treno, qui si possono vedere delle immagini di Ticlio, mentre queste sono alcune immagini relative a La Oroya.

venerdì 1 febbraio 2008

L'oasi di Siwa, sviluppo sostenibile tra i berberi dell'est

Siwa è l'oasi più occidentale dell'Egitto, situata a circa 800 km da Il Cairo e a circa 50 km dal confine con la Libia. La particolarità di quest'oasi consiste nel suo essere diventata "cavia" di un'interessante esperimento di sviluppo sostenibile, frutto della cooperazione italo-egiziana e portato avanti dall'associazione Scdec (Siwa community development environmental conservation). Questa associazione, costituita da un consiglio di 13 membri delle altrettanti tribù e villaggi berberi, gestisce un progetto con cui si propone di promuovere lo sviluppo agricolo dell'oasi tramite il microcredito, l'educazione e l'alfabetizzazione informatica dei residenti, la commercializzazione dei proodotti dell'oasi, come datteri e olive, e la promozione della donna nell'economia locale. Molta importanza per l'oasi di Siwa ha anche il turismo, che però viene gestita nell'ottica di coniugare incoming turistico con salvaguardia dell'ambiente. E cosi la Scdec organizza per i turisti interessati visite a realtà dell'area che sarebbero altrimenti difficili da raggiungere e da conoscere, sia per motivi logistici che per motivi sociali. Tra questi, i resti dell'antico borgo di Shali con le sue abitazioni tipiche dall'architettura molto suggestiva, costruita quasi tutta con materiali salini presi sul luogo, il piccolo museo della cultura siwana, i siti archeologici più interessanti dell'oasi, le grandi vasche di acque sorgive che hanno proprietà curative, e le sabbie particolarmente indicate per sabbiature curative. L'oasi di Siwa è anche il punto più orientale dove si parla ancora la lingua berbera, un tempo diffusa fino al delta del Nilo e oggi invece conservata soprattutto nella parte occidentale dell'africa settentrionale. Una caratteristica della società tradizionale di Siwa era il divieto di sposarsi prima di una certa età imposto alla casta dei nullatenenti, chiamati zaggala, impiegati come braccianti nei lavori dei campi. Essi erano costtretti a vivere segregati all'esterno dell'abitato, dove conducevano una vita promiscua. Oggi queste pratiche sono quasi del tutto scomparse, e gli zaggala sono noti soprattutto per le loro canzoni, che allietano ogni festa e vengono anche registrate su cassetta e diffuse nell'oasi e altrove. Per incominciare a farsi un'idea sull'oasi di Siwa, è possibile vedere queste immagini.