sabato 29 dicembre 2007

Chavin de Huantar, importante centro religioso della cultura chavin

Chavin de Huantar è un sito archeologico situato nella zona andina settentrionale del Perù, nella provincia di Huari, nell'alta valle del fiume Marañon, a circa 460 km a nordest dalla capitale Lima. Il sito si trova ad un altitudine superiore ai 3.000 metri, in una vallata stretta, posta in una zona di cerniera tra le diverse aree geografiche del Perù: la parte meridionale, le Ande settentrionali, la costa e la foresta orientale. E fu proprio questa posizione, strategica e facilmente difendibile da attacchi esterni, a rendere questo sito un importante centro commerciale e culturale. Esso fu considerato per molto tempo anche un importante centro cerimoniale, meta di pellegrinaggi, che contribuivano a unire comunità diverse e tra loro separate. Questa realtà di centro religioso è testimoniata oggi dai resti di un grande complesso templare, costituito da diverse strutture a gradinate in pietra che nascondono al loro interno numerosi vani e passaggi sotterranei. Il centro è testimonianza di una cultura, la cultura Chavin, fiorita tra il IX e il II secolo a.C., e caratterizzata dal ricorrere del motivo del giaguaro, che, oltre che sulle costruzioni, era raffigurato anche sui vasi di ceramica, sui tessuti e sugli oggetti metallici. Il primo agglomerato in questa zona fu costruito probabilmente intorno al 327 a.C, ed era caratterizzato da muri di pietra e strutture piramidali. A collegare gli edifici una rete di piccoli camminamenti e tunnel di pietra abbastanza bui, illuminati solo dalla luce naturale che filtrava da fuori grazie a fori lasciati in posizioni strategiche proprio per permettere l'illuminazione del tunnel. Attorno a una grande piazza quadrangolare e a un'altra di forma circolare si può ammirare l'unica rimasta delle testes claves, testimonianza inquietante dell'iconografia che accompagnava i cruenti riti sacrificali. Un pezzo molto importante delle rovine che qui si trovano è il Lanzón Monolítico, un blocco di pietra alto 5 metri, raffigurante l'immagine di una divinità che è insieme serpente, giaguaro, e uccello rapace. Le decorazioni a bassorilievo, dominate spesso da figure di serpenti e giaguari antropomorfizzati, caratterizza gran parte delle rovine ospitate nel sito. Per farsi un'idea del sito archeologico di Chavin de Huantar, queste sono alcune immagini utili.

sabato 22 dicembre 2007

Il fascino del Mount Popa in Myanmar

A circa 50 km da Bagan nella regione centrale del Myanmar sorge Mount Popa, un blocco di roccia derivante da un vecchio cono vulcanico, che si erge sopra i pianori aridi e desertici che caratterizzano questa regione, e svetta sopra i 700 metri d'altezza. Sopra il massiccio roccioso è stato costruito un complesso di pagode, monasteri e templi costruiti con materiale tipico della regione e con oro, dove ancora oggi vivono gruppi di monaci. Tutto il materiale che è servito alla costruzione di questi edifici è stato portato in cima alla montagna a mano, cosa che impressiona quando si vede la ripidità e l'asperità del cammino verso la vetta, costituito da una scala scoscesa che sale lungo il versante destro della montagna. Secondo la leggenda questo luogo è la dimora dei più potenti spiriti nativi della regione, ma il complesso di templi qui costruito è buddista, e testimonia l'integrazione avvenuta tra l'antico e originario animismo della popolazione locale con la filosofia buddista. Dalla cima del Mount Popa, respirando un'aria fresca e pulita, è possibile vedere un paesaggio affascinante costituito dai pianori che circorndano Bagan e da un grande canyon largo circa 600 metri e profondo circa 900. Ogni anno questo monte è visitato da moltitudini di pellegrini, specialmente in occasione delle feste di luna piena di Nayon e di Nadaw, rispettivamente a maggio/giugno e novembre/dicembre, conosciute anche come Taunghyon. Secondo una tradizione superstiziosa della popolazione locale, non si deve salire sul Mount Popa vestiti di rosso o nero e non si dovrebbe portare carne, specialmente di maiale, dal momento che quei colori e la carne offendono gli spiriti locali. Per farsi un idea di questo luogo affascinante, qui è possibile vedere alcune immagini.

sabato 8 dicembre 2007

Apamea, importante sito archeologico della Siria

Apamea è una città siriana, adagiata sulla cima di una collina al lato della pianura del fiume Oronte. Si tratta di uno dei siti archeologici più importanti del Medio Oriente, che mostra le tracce di una storia lunga e importante che parte fin dalla preistoria. La prima acropoli in questo luogo fu fatta costruire intorno al 300 a.C. da Seleuco I Nicatore, che le diede il nome della moglie persiana. Questa prima acropoli aveva una forma ortogonale, struttura che venne successivamente mantenuta sia dai Romani che dai Bizantini. Nel IV secolo d.C. Apamea fu la sede della scuola neoplatonica diretta da Giamblico. Dopo essere stata contesa a lungo da cristiani e arabi durante il tempo delle crociate, purtroppo due terremoti avvenuti nel XII secolo d.C. distrussero buona parte delle strutture della città. Le parti che resistettero di più furono quelle dell'antica città romana. Un muro lungo 6 km circondava la città e 7 porte permettevano l'accesso ad essa. Tra esse la cosidetta Porta di Hama, a sud, e la Porta di Antiochia, da cui parte il cardo maximus, una strada costruita sotto Traiano, lunga 2 km e larga circa 37 metri. Sui lastroni centrali della strada si possono ancora scorgere le tracce delle ruote dei carri romani, mentre le colonne che la costeggiano cambiano aspetto procedendo verso sud, passando da colonne con capitelli corinzi e fusti lisci, a colonne scalanate di costruzione più tarda. A circa 400 metri dalla Porta di Antiochia, sulla sinistra, si possono scorgere i bagni di Giuliano Agrippa, di cui si possono riconoscere le condotte dell'acqua e le sale calda e tiepida. Al centro del cardo maximus è posta una colonna alta 14 metri che faceva parte del tetrapylon, posto all'incrocio con un decumano, e che divideva il cardo in 4 parti di uguale lunghezza. Altri punti interessanti del sito archeologico sono i resti dell'agorà, del tempietto della dea della fortuna, Tyche, protettrice della città, e del tempio di Zeus Belos, e il teatro romano costruito sul pendio naturale della collina. Questo teatro ha un diametro di 139 metri ed è il più grande della Siria, ma, essendo stato utilizzato come cava di pietra dai crociati per costruire una fortezza, ne è rimasto ben poco. Per farsi un'idea della bellezza di Apamea, qui è possibile vedere alcune immagini del sito archeologico.

sabato 1 dicembre 2007

Civita di Bagnoregio, una perla su una collina di argilla

Come una perla sostenuta dal suo cono nella teca di un museo, Civita di Bagnoregio è un bellissimo borgo che giace su un cono argilloso nella provincia di Viterbo. La zona dove sorge il borgo era già abitata addirittura nell'età della pietra, anche perché circondata da due corsi d'acqua, i torrenti Chiaro e Torbido, e da una ricca vegetazione. Gli Etruschi vi costruirono un sistema viario molto vasto per facilitare l'importante attività commerciale che qui svolgevano. Civita di Bagnoregio fu dominata poi da Romani, Visigoti, Bizantini e Longobardi, e proprio qui nacque San Bonaventura, il grande filosofo che era Ministro dell'Ordine dei Francescani. Nel 1695 un violento terremoto provocò smottamenti e crolli che fecero sprofondare anche l'ultima via di accesso al borgo, che oggi è sostituita da un lungo ponte pedonale in cemento armato che collega Civita a Bagnoregio. La progressiva erosione dei fianchi della collina ha dato vita alle tipiche forme dei calanchi, piccoli bacini delimitati da creste e pinnacoli creati dall'azione dilavante della pioggia sull'argilla. Il borgo è oggi abitato da poche famiglie, ma, in ogni stagione dell'anno, è meta di numerosi turisti che amano passeggiare nell'antico borgo e ammirare i suoi antichi splendori. Tra questi, la Chiesa di San Donato, una chiesa dell'VIII secolo che si affaccia sulla piazza principale e che contiene al suo interno un pregevole crocifisso ligneo di scuola fiamminga, il Palazzo Vescovile, un mulino del 1500, la casa natale di San Bonaventura e la Porta di Santa Maria, con due leoni che tengono tra le zampe una testa umana, a ricordo di una rivolta popolare degli abitanti di Civita contro la famiglia orvietana dei Monaldeschi. Di particolare interesse è anche la cosidetta Grotta di San Bonaventura, che pare fosse in origine una tomba a camera etrusca trasformata nel medioevo in cappella, e dove si dice che San Francesco guarì con un miracolo il piccolo Giovanni Fidanza (San Bonaventura). Chi visita Civita di Bagnoregio durante il periodo natalizio, può ammirare anche il presepe vivente, nel quale le vicende di Maria e Giuseppe sono ambientate nelle vie medievali, con effetti scenografici spettacolari. Altri giorni in cui si consiglia la visita del borgo sono la prima domenica di giugno e la seconda domenica di settembre, giorni in cui viene allestito nella piazza principale il secolare Palio della Tonna ("tonda" nel dialetto locale), in cui le contrade di Civita si sfidano a dorso di un asino, sostenuti dal tifo degli abitanti. Per saperne di più su Civita di Bagnoregio, si può andare su questo sito, mentre qui è possibile vedere alcune immagini del borgo.

sabato 24 novembre 2007

A Lambayeque un tempio di 4000 anni fa

Nella valle di Lambayeque, non lontano dall'importante Museo delle tombe reali di Sipan, sorgono le rovine di un tempio venute alla luce solo di recente. Secondo gli archeologi che hanno condotto gli scavi, questo tempio risalirebbe a circa 4.000 anni fa e rappresenterebbe uno degli edifici più antichi ritrovati nelle Americhe. Esso si stende su di un'area di alcune centinaia di metri quadri e risulta costruito di mattoni di fango ricavati dal letto di un vicino torrente. Questo particolare è stato interpretato come il segno che l'area dove sorge questo tempio abbia ospitato in passato una civiltà molto avanzata rispetto al resto delle popolazioni lì stanziate nello stesso periodo. Questa civiltà fiorita si sarebbe sviluppata pressochè in contemporanea alle grandi culture del vicino oriente, e sarebbe artefice di alcuni tra i primi esempi conosciuti di architettura monumentale sul continente americano. Il tempio è ricoperto da pitture murali e sorprende che uno degli affreschi raffiguri una scena di caccia al cervo per mezzo di reti, soggetto estremamente insolito nell'arte precolombiana. L'edificio include anche una scala che conduce a un altare usato per il culto del fuoco, in un sito chiamato dagli scienziati Ventarron. Uno degli aspetti più sorprendenti di questo tempio, oltre alla ricchezza delle decorazioni parietali, è lo stato di conservazione sia delle mura che degli affreschi, che costituiscono un altro elemento importante che spinge gli archeologi a ipotizzare che la regione di Lambayeque è stata un crocevia di scambi culturali fra la costa del Pacifico e il resto del Perù.

sabato 17 novembre 2007

Gli Uiguri, l'etnia islamica della Cina che considera uguali uomo e donna

Gli Uiguri sono una delle due etnie di religione islamica della Cina, composta da circa 8 milioni di individui. La parte più cospicua di questo gruppo etnico vive nella regione dello Xinjiang, nel territorio nord-orientale della Cina, mentre un altro gruppo vive nella contea di Taoyuan, nella provincia di Hunan, nella Cina centro-meridionale. Gli Uiguri sono turcofoni e il loro nome, che significa alleati, uniti, venne originariamente attribuito a una tribù di lingua turca, i Tie-le, che viveva nell'odierna Mongolia. Il personaggio storico che più li esprime e li unisce è Memhood Kashgari, illustre linguista del XI secolo. Pur vivendo in Cina, gli Uiguri professano un Islam che si avvicina molto a quello del resto del mondo, senza cioé quelle infiltrazioni di origine cinese che danno molta attenzione ad aspetti come la meditazione personale e la venerazione dei santi. Ma un carattere specifico dell'Islam degli Uiguri è la loro concezione delle donne, considerata uguale agli uomini, anche se ad esse spettano nella società ruoli differenti rispetto a quelli riservati agli uomini. Essi cercano di preservare il più possibile la loro identità etnica e religiosa, e per questo usano vivere abbastanza distaccati dal resto della popolazione cinese che abitano vicino a loro. Essi, più che l´autodeterminazione, considerata da molti un´irrealizzabile chimera, auspicano semplicemente un maggior rispetto per i loro diritti più elementari. Purtroppo invece, il governo cinese continua a portare avanti un programma piuttosto repressivo che tende a scoraggiare e a sopprimere l'identità etnica e lo spirito separatista. Questo anche perché la provincia dello Xinjiang, a causa dei giacimenti petroliferi in essa presenti e dell'espandersi delle rotte commerciali verso occidente, sta giocando un ruolo sempre più importante nel futuro economico della Cina. Molti Uiguri in esilio denunciano la sistematica violazione dei diritti umani da parte delle autorità cinesi che reprimono ogni forma di espressione culturale del popolo uiguro. Qui è possibile vedere alcune immagini degli Uiguri.

sabato 10 novembre 2007

Serra Riccò, buona cucina e storia tra le dolci colline della Val Polcevere

Serra Riccò è il comune più popoloso dell'alta Val Polcevera, con i suoi 8.000 abitanti circa, e, con la sua fisionomia che rispecchia la tipologia degli antichi insediamenti liguri, è situato lungo le sponde del torrente Secca, in un paesaggio ricco di chiese, ville e strade millenarie. Questa è la zona di produzione della Gianchetta di S. Cipriano, un vino bianco molto conosciuto in provincia di Genova e non solo, degli ortaggi dell'Alta Val Polcevera, e di altre primizie, come le fave, da mangiare con il salame di Orero, le fragole e le pesche. Uno dei più importanti reperti storici da visitare a Serra Riccò è la Tavola bronzea di Polcevera, un documento del 117 a.C. che riporta la sentenza di 2 consoli romani, i fratelli Minucii, mandati da Roma in qualità di alleati dei Genuates per risolvere un contenzioso tra quella popolazione e quella dei Veiturii Langenses riguardo il territorio di comune sfruttamento. La Tavola fu trovata nel 1506 nel greto alla confluenza del rio Pernecco nel torrente Secca, e per molti anni fu affissa ad una parete della cattedrale di San Lorenzo a Genova e definita Bibbia dei genovesi. Oggi una copia è ospitata nel palazzo della casa comunale. Intorno a Serra Riccò si susseguono dolci colline, tra cui quella centrale del Monte Pizzo, alto 620 metri, e quelle del gruppo del Monte Sella di Sant'Olcese, che sono le più alte di questa zona, con circa 700-750 metri di altezza. Se si visita Serra Riccò intorno a ferragosto, non si può perdere la festa dedicata a San Rocco, che si tiene nella frazione di Pedemonte il 15 e 16 agosto. Durante questa festa c'è una famosa processione alla quale partecipano varie confraternite provenienti da diversi paesi della provincia, e che ricorda il voto, fatto dai cittadini di questa località a San Rocco, di non ballare per la protezione ricevuta dall' epidemia di influenza spagnola nel 1917. Alla sera si può ammirare un grande spettacolo pirotecnico, che attira spettatori da tutta la zona del genovese. Per avere ulteriori informazioni su Serra Riccò, è possibile andare sul sito del comune.

sabato 27 ottobre 2007

Cape Agulhas, il punto più a sud dell'Africa dove si toccano i due oceani

Cape Agulhas è una località un po' particolare, in quanto rappresenta il punto più a sud dell'Africa. Si trova nella provincia sudafricana di Western Cape ed è situato a circa 160 km da Capo di Buona Speranza. Ad una latitudine di 34° 49’ 58" sud e 20° 00’ 12’’ est, un piccolo monumento segna il punto esatto dell'estremità più meridionale del continente africano. A questa località è stato dato il nome di Agulhas, che significa aghi, in quanto in questo punto dell'Africa gli aghi delle bussole puntavano esattamente verso il nord geografico, mentre in gran parte della zona circostante erano fortemente disturbate dalle correnti magnetiche; oggi invece, a causa dello spostamento dei poli magnetici, si osserva una discrepanza di circa 24°. Secondo un'altra tradizione il termine deriverebbe dai numerosi scogli appuntiti, a forma di aghi appunto, che costituiscono un pericolo per le navi che transitano lungo questo tratto di costa. Cape Agulhas sorge proprio nel punto dove si incontrano l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico, e, più precisamente, le due correnti dei due oceani, quella di Agulhas, calda, proveniente dall'Oceano Indiano) e quella di Benguela, fredda, proveniente dall'Oceano Atlantico. A causa dell'incontro di queste due correnti, le acque di fronte al Capo tendono a essere agitate e violente, soprattutto in inverno, con onde anomale che possono raggiungere i 30 metri di altezza. Come aiuto ai naviganti, sull'estremo lembo di terra del Capo fu costruito nel 1848 un faro, il secondo più antico fra quelli ancora funzionanti in Sudafrica. Dal faro, lungo un sentiero roccioso, è possibile raggiungere uno dei relitti che testimoniano la pericolosità di queste acque, quello della Meisho Maru. All'interno del faro si trova un museo, il Cape Agulhas Lighthouse Museum, dove viene narrata la storia dello sviluppo dei fari in Sud Africa. A Cape Agulhas sorge il più recente parco sudafricano, l'Agulhas National Park, che ospita 2.000 specie di piante, di cui 100 sono specie endemiche. Nell'entroterra di Cape Agulhas vi sono molte viti, tra cui quella più diffusa si chiama Pinotage, ma si possono trovare anche Sauvignon blanc, Hanepoot, Merlot, Shiraz, Pinot nero. Qui è possibile vedere alcune immagini di Cape Agulhas, mentre questo è un sito in inglese dove si possono raccogliere altre informazioni utili su questa località.

sabato 20 ottobre 2007

Il teatro di Epidauro, il teatro dove si recita senza microfono

A Epidauro, una cittadina della regione greca dell'Argolide, vi sono due monumenti principali da vedere: il santuario dedicato ad Asclepio e il teatro, uno dei più belli dell'antichità classica. Il teatro, che ha una capienza di 14.000 persone, è particolarmente famoso per la sua acustica molto buona. E' risaputo infatti che gli spettatori che si trovano nelle file più alte della gradinata del teatro riescono a distinguere in maniera netta la voce degli attori, che parlano a circa 20 metri più in basso, anche se privi di microfono e anche se parlano a voce bassa. Questa acustica è eccezionale a causa della particolare disposizione delle pietre con cui sono state fatte le gradinate, disposte leggermente in obliquo in modo tale da respingere e far risuonare ulteriormente la voce di chi parla sulla scena del teatro. Grazie a questa particolarità il teatro è ancora oggi molto usato per le rappresentazioni teatrali, e ogni anno, dalla metà di giugno alla metà di luglio, si svolge il Festival di Epidauro, in cui è possibile ammirare attori e comici greci recitare, senza microfono, le grandi opere della letteratura greca antica nella stessa lingua e nelle stesse rime in cui esse furono composte, con la luce delle torce che illumina tutto il teatro. Il teatro fu costruito nel IV secolo a.C. da Policleto il Giovane per ospitarvi le Asclepia, una festa panellenica che si svolgeva ogni 4 anni in cui durante la quale si tenevano delle gare di ginnastica e di canto. Il teatro è costituito da un'orchestra circolare di terra battuta di quasi 10 metri di diametro e da una gradinata circolare sita su due livelli, di cui quello inferiore è composto di 32 file, mentre quello superiore di 20 file. La scena del teatro è di pietra ed è dotata di un piano cui si accede da due salite laterali provviste di porte. Particolarmente suggestiva è la cornice naturale in cui il teatro è inserito, una vasta conca sul fianco del monte Kynòrtion, aperta verso la vallata e il santuario. Per chi volesse farsi un'idea di cosa si può provare vedendo il teatro di Epidauro, qui è possibile vederne alcune immagini.

sabato 13 ottobre 2007

La Foresta di Białowieża, la più antica d'Europa?

Lungo il confine tra la Polonia e la Bielorussa sorge la Foresta di Białowieża, Puszcza Białowieska in polacco, un'antica foresta vergine, che è ciò che resta dell'immensa foresta che migliaia di anni fa si estendeva su tutta l'Europa. Nel territorio polacco ricoperto da questa foresta, più o meno a 190 km a nord di Varsavia, è stato istituito il Parco Nazionale Białowieski, che si estende per circa 100 km quadrati. Il punto di partenza tradizionale per la visita di questo parco è il Parco del Palazzo di Białowieża. Lì infatti, vicino al portone, si trova il punto informativo, dove si possono ottenere informazioni in merito alle attrazioni del Parco e dei dintorni. Lungo i vialetti del Parco del Palazzo si possono ammirare gli edifici che risalgono ai tempi degli zar e lo storico edificio in legno del Centro per la Didattica Naturalistica. Molto interessanti da visitare dentro il Parco sono anche l'Area di Protezione Orłówka (Riserva Naturale), la Riserva dei Bisonti e la Radura di Białowieża, costruita originariamente per gli zar di Russia, che furono gli ultimi proprietari privati della foresta (dal 1888 al 1917) quando essa si trovava interamente all'interno del territorio dell'Impero russo. Si possono poi compiere delle passeggiate "esplorative" lungo il sentiero fino a Dąb Jagiełły (La quercia di Jagiello), e lungo il Sentiero delle querce reali e dei principi di Lituania (Szlak Dębów Królewskich i Książąt Litewskich).

sabato 6 ottobre 2007

La regione dei laghi Masuri, consigliabile in bici o in barca

Nella parte nord-orientale della Polonia si trova una regione in cui il 15% del territorio è coperto da laghi. E' la zona dei laghi Masuri, 1.000 laghi che giaciono in un paesaggio incontaminato e selvaggio, in mezzo a boschi e paludi non ancora toccati dal turismo di massa. I laghi principali, Sniardwy e Mamry, sono collegati da fiumi e canali per formare un unico grande sistema idrico. Sulle sponde dei laghi sono dislocati i centri abitati della regione, tra cui i più importanti sono Olsztyn, Gizycko e Mikolajki. Due dei mezzi migliori per girare questa regione polacca sono la bicicletta e la barca, anche a motivo dello scarso servizio offerto dagli altri mezzi di trasporto nazionale. Dato il terreno pianeggiante della regione dei laghi Masuri, sono sempre di più i cicloturisti, soprattutto tedeschi, che vengono da altri paesi per attraversare sulle due ruote questa regione lacustre, soffermandosi sulle rive dei laghi meno incontaminati. Anche per gli appassionati delle barche da riporto, questa zona sta diventando una delle mete più ambite. Per chi invece ama la storia, è importante sottolineare che questa regione passò alla Polonia solo dopo la seconda guerra mondiale, dopo che essa fu palcoscenico di alcune tra la più cruenti battaglie della prima guerra mondiale, le cosidette battaglie dei laghi Masuri, del 1914 e del 1915.

sabato 29 settembre 2007

Passeggiando sui monti Tatra

Al confine tra Polonia e Slovacchia si trovano i monti Tatra (in polacco Tatry), i più alti di tutta la catena dei Carpazi, e gli unici di origine alpina. Il versante polacco di queste montagne è costituito da un paesaggio affascinante fatto di picchi torreggianti e ripide falesie rocciose con strapiombi di centinaia di metri che incombono sui laghi glaciali. La vetta polacca più alta dei Tatra è il Rysy, di 2.499 metri, situata proprio sul confine tra Polonia e Slovacchia, mentre il centro turistico più importante è Zakopane, importante base sciistica, ben collegata a Varsavia anche con il treno. Lungo queste montagne si possono effettuare molteplici gite a piedi, tra cui una molto interessante è quella che arriva al passo Zawrat nella parte orientale della catena; il primo tratto di questa escursione si compie in funivia, con cui si arriva sul monte Kasprowy Wierch, da cui si possono prendere uno dei sentieri che si dispiegano lungo la cresta. Il periodo migliore per visitare la regione dei Tatra è forse quello della tarda primavera e d'inizio autunno, quando non vi è ancora il "pienone" di turisti. Interessante da visitare anche la regione a nord dei Tatra, chiamata Podhale, dove si possono trovare decine di piccoli paesi dove gli abitanti conducono ancora la vita tradizionale di quegli altipiani.

sabato 15 settembre 2007

Torun, la città di Copernico con un bellissimo centro medievale

Torun è la città che ha dato i natali a Copernico, nel 1473, ed è situata a poco più di 200 km a nord-ovest di Varsavia. Oggi conta più di 200.000 abitanti, di cui circa un quarto sono studenti. La sua università, la Nikolai Copernicus, è una delle migliori di tutta la Polonia. La città si adagia lungo le rive del fiume Vistola, la parte nuova sulla sinistra, e quella vecchia sulla destra del fiume. Torun è stata fondata nel XIII secolo, e, intorno al 1280, divenne porto anseatico e accumulò tante ricchezze che successivamente permisero la costruzione degli eleganti edifici gotici visibili ancora oggi. Nel XVII secolo essa divenne centro del movimento protestante e, più tardi, del movimento nazionalista polacco in Pomerania. Molto bella da visitare è la città vecchia medievale, una zona quasi completamente pedonale. Al centro la piazza del mercato, Rynek Staromiejski, con il suo palazzo municipale, che risale alla fine del XIV secolo e il cui secondo piano, in stile rinascimentale olandese, è stato aggiunto più tardi. Tra gli altri palazzi affacciati sulla piazza, di particolare interesse è il Pod Gwiazda, costruito nel 1697. Tra gli altri monumenti della città, di particolare fascino è la Cattedrale dedicata a San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, costruita a partire dal 1250 e terminata nel 1500, che contiene la seconda campana in Polonia per grandezza, nota come Tuba Dei. Al suo interno fu battezzato Copernico, e nel presbiterio si possono ammirare alcuni affreschi del XVI secolo. Altre chiese interessanti da vedere sono la Chiesa della Beata Vergine Maria, con un elegante presbiterio gotico e una policromia tipica della fine del '300, e la Chiesa di S. Jacob, degli inizi del '300. Ubicato invece tra la città vecchia e quella nuova è un antico castello dei Cavalieri Teutonici, del XIII-XIV secolo. Curiosa è la torre pendente, nelle mura della città vecchia. Costruita, sembra, tra il XV ed il XVI secolo, ha una marcata pendenza in avanti, probabilmente dovuta a subsidienza data la vicinanza al fiume. I pavimenti, tuttavia, sono orizzontali, forse grazie alla recente ristrutturazione. Altra meta suggerita a Torun è la casa di Copernico, oggi adibita a museo contenente documenti e strumenti astronomici dell'epoca. Agli appassionati di teatro, conviene organizzare la visita a questa città durante il famoso festival del teatro tradizionale. Prima di venire via da Torun, non si può fare a meno di assaggiare il locale pane allo zenzero. Per raccogliere ulteriori informazioni su Torun, questo è il sito della città, mentre qui è possibile vedere alcune immagini della città.

sabato 8 settembre 2007

La cittadella fortificata di Kuelap

Un sito archeologico molto originale del Perù è la cittadella fortificata di Kuelap, ubicata a 3.000 metri di altezza, nel nord-est del Paese, in cima a un promontorio roccioso di origine calcareo in una posizione strategica per il controllo del territorio circostante. Questa fortezza fu probabilmente costruita intorno al 1300 d.C dal popolo dei Chachapoyas, indios bianchi di pelle e noti per la loro bellezza, che popolavano queste terre e che edificavano cittadelle sulle montagne per tentare di sfruttare tutte le terre coltivabili, cercando di inserirle in maniera armonica nel paesaggio che abitavano. Kuelap è lunga 584 metri e larga 120 metri ed è formata da una serie di terrazze coltivabili di 15-20 metri di ampiezza, sulle quali si ergono delle mura inclinate alti 20 metri. Queste mura di cinta servivano per proteggere la cittadella e per contenere le terrazze adibite alla coltivazione, e probabilmente la loro superficie interna era originariamente decorata. Particolarmente suggestivi sono i 3 ingressi alla cittadella, a forma di imbuto, che, con la loro ampiezza di tre metri nella parte esterna e settanta centimetri all'interno, consentono l'entrata a una sola persona per volta. Al suo interno la fortezza contiene 450 strutture distribuite su diversi livelli, di cui 4 sono di pianta rettangolare, 1 di pianta quadrangolare e la maggior parte di pianta circolare. Queste strutture servivano per scopi diversi, che potevano essere amministrativi, militari, cerimoniali, o economici. Tra di esse, di particolare significato sono El Tintero, un edificio cerimoniale, e El Castillo, con al suo interno un mausoleo. Si dice che per la costruzione di questa cittadella furono utilizzati 25 milioni di metri cubi di materiale, tre volte tanto il volume impiegato nella costruzione della piramide di Keope in Egitto, e che gli originari abitanti di Kuelap abbandonarono la città quando arrivarono gli spagnoli. Qui è possibile vedere alcune immagini di Kuelap.

giovedì 6 settembre 2007

Il museo delle tombe reali di Sipan a Lambayeque

Il Museo delle tombe reali di Sipan è situato nella città di Lambayeque, nel nord del Perù. Ha la forma di una piramide tronca formata da cinque prismi che si sostengono su piani inclinati. La storia di questo museo ha inizio nel 1987, quando a Sipan è rivenuta alla luce una tomba di un gran signore della civiltà Moche, che mostrava i riti di sepoltura di una delle più importanti culture preispaniche del Perù. Il Signore di Sipan, così battezzato in onore della località in cui è stato rinvenuto, fu sepolto nel II secolo d.C. Gli occhi, il naso e la bocca del defunto signore erano coperti con pezzi in oro, mentre il naso e gli occhi con ornamenti di oro, e le scarpe erano d’argento. In suo onore si sacrificarono donne, bambini, lama, e i migliori guerrieri lo accompagnarono nel suo ultimo viaggio nell’altra vita per proteggerlo. Successivamente alla tomba del Signore di Sipan, furono scoperte altre tombe risalenti allo stesso periodo. I colori rosso e giallo presenti sulle tombe ricordano i colori ocre che usavano i moche nelle loro decorazioni. Le tombe reali di Sipan hanno consentito agli archeologi e agli storici di ricostruire una parte sconosciuta della notevole cultura dei Moche che, per secoli, dominò gran parte del nord dell’antico Perù. Per la loro importanza s'è deciso cosi di costruire un museo permanente per fa conoscere a peruviani e turisti la civiltà dei Moche, una parte importante della storia del Perù. Il museo, oltre alle tombe, raccoglie i reperti trovati a Sipan durante gli scavi archeologici, una quantità impressionante di tesori, quasi tutti perfettamente conservati, e che, grazie al minuzioso lavoro di restauro, sono presentati in tutto il loro splendore. E' cosi possibile ammirare una collezione molto ricca di ceramiche zoomorfe e di gioielli in oro, argento e rame. Un vero e proprio tuffo nell'antica cultura dei Moche.

mercoledì 5 settembre 2007

Il lago Ypoá, il lago più pulito del Paraguay

Il lago Ypoá è uno dei laghi più importanti del Paraguay , e il suo nome significa "acqua che dà fortuna". Si trova a sud della capitale Asunción, a circa 150 km dal fiume Paraguay. E' un luogo poco conosciuto e poco frequentato, e anche per questo pare che sia il lago più pulito di tutto il paese. Tanto pulito che si dice che la sua acqua sia addirittura potabile. Il lago occupa una porzione centrale di una regione chiamata Esteras del Ypoá, che, durante la stagione della pioggia, vede l'acqua del lago invadere il proprio terreno per trasformarla in una vasta zona di lagune. Il luogo dove sorge il lago Ypoá è pieno di misteri e leggende che popolano le fantasie degli abitanti del posto, che spesso hanno sostenuto di vedere isole comparire e scomparire dalla superficie del lago. Anche la loro convinzione che sotto il fondale del lago Ypoá si trovi molto oro e altri tesori nascosti qui in passato è probabilmente una delle tante leggende che circolano da queste parti. Il lago è meta, nei fine settimana, di alcuni cacciatori che vanno a caccia delle loro prede che si rifugiano volentieri in questa zona, data la sua tranquillità. Sulle sponde del lago è anche possibile soggiornare con una propria tenda, magari vicino a una piccola spiaggetta di sabbia, per godere della pace e della natura del posto e per ammirare le specie rare di uccelli che qui si trovano, tra cui il tucano.

martedì 4 settembre 2007

Il Tapé Avirú, antico cammino religioso dei Guaraní

Il Tapé Avirú è un antico cammino religioso preispanico usato dai Guaraní, il gruppo indigeno etnico più importante del Paraguay. Si tratta di un cammino mistico che gli antichi Guaraní percorrevano alla ricerca del Yvy Marae´y o Tierra sin Mal, che si potrebbe definire come una versione guaraní del paradiso terrestre, una terra cioé dove non esisteva il male. Esso rappresentava la ricerca, da parte dei Guaraní, dell'utopia della società perfetta. Questo cammino esiste da molti secoli e originariamente sembra che fosse composto da 2 tratti principali, da cui partivano diverse ramificazioni. Il cammino partiva dalla zona dove oggi sorgono Asunción e Lambaré e arrivava fino alla costa atlantica a est, e agli altipiani della Bolivia a nord-est, dove si incrociava con il Cammino Inca. Il cammino attraversava posti di incantevole bellezza come le cascate di Iguazù e il Cerro Ybytyruzú, dove si potevano trovare delle iscrizioni primitive impresse nella roccia. Lungo i 1.700 km del Tapé Avirú vi sono diverse stazioni, in cui è possibile ancora oggi ammirare alcuni elementi importanti della cultura e dell'arte guaraní e assaggiare alcuni piatti della tradizione gastronomica di questa etnia. Qualcuno in Paraguay lo paragona al Cammino di Santiago de Compostela in Spagna, e le autorità sia paraguayane sia brasiliane da anni cercano di promuoverlo molto come itinerario turistico, dal momento che permette non solo di rituffarsi nella storia del popolo paraguayano fino alle sue radici, ma anche di passare diversi luoghi interessanti per la loro natura e per il loro paesaggio, che altrimenti sarebbero tagliati fuori dalle tradizionali rotte turistiche.

lunedì 3 settembre 2007

Tobatí, la città delle 300 fabbriche di ceramica

Situata a 70 km dalla capitale Asunción, Tobatí è una cittadina che giace protetta da fiumiciattoli e da formazioni rocciose molto particolari. E' anche chiamata la città delle 300 fabbriche di ceramica, nelle quali viene lavorata la ceramica per i diversi e numerosi prodotti artigianali locali, e vengono realizzati altri prodotti quali mattoni e tegole. La maggior parte degli edifici di questa cittadina sono relativamente recenti, risalenti al XIX secolo, spesso caratterizzati da pareti fatte con legno policromo, come per esempio la Chiesa principale, che però al suo interno contiene anche delle pale d'altare e dei dipinti che risalgono al XVIII secolo. Un posto da visitare a Tobatí è la Villa Artesanal, un importante centro artigianale dove si possono trovare dipinti espressione della tradizione religiosa popolare, maschere di legno, oggetti in ceramica e diversi tipi di prodotti tipici realizzati in legno. Ultimamente questa cittadina ha visto anche il contributo di gruppi di giovani nordamericani e europei che, con il loro lavoro, hanno aiutato la popolazione del posto a sviluppare ulteriorment questo centro, costruendo scuole e ristrutturando alcuni luoghi pubblici importanti della città.

sabato 1 settembre 2007

I piatti tipici del Paraguay

La cucina paraguayana conserva ancora molto delle abitudini alimentari degli indigeni, anche se inevitabilmente risente dell'influsso delle tradizioni gastronomiche portate dai colonizzatori. Due ingredienti basilari nella cucina del Paraguay sono la cassava, un tubero di grosse radici, conosciuto anche come mandioca o yuca, e il grano. La cassava lavorata produce la fariña, un tipo particolare di farina, la typyraty e l'almidón, tre prodotti diversi usati in piatti diversi. Tra questi vi sono le radici bollite in acqua salata, o il chipá, un pane tradizionale impastato con amido di cassava, latte, formaggio e uova, che si mangia molto in occasione delle festività, come per esempio durante la settimana santa. Anche il grano assume forme diverse a seconda dei piatti in cui viene usato. Si va dai chicchi dolci del chipá guasú, a un tipo di farina particolare usata in piatti come la zuppa paraguayana o al borí borí, un brodo molto spesso e denso a cui vengono aggiunte palline di grano e formaggio. Altri ingrediente basilari della cucina paraguayana più tradizionale sono i fagioli e le arachidi. Per quanto riguarda la carne, molto usati sono il pollo e il manzo. Tra gli altri piatti più tipici vi sono il mbeyú, una specie di omelet con amido di cassava, mescolato a formaggio e puchero, uno stufato radizionale di origine spagnola, l'arró quesú, un tipico risotto paraguayano condito con il formaggio, e la bife koyguà, fetta di manzo con cipolle e uova fritte. Tra i formaggi che si usano in molti piatti paraguayani particolarmente tipico è il quesú paraguái. Tra i dolci tipici vi sono il kaguyjy, fatto con grano, zucchero e miele, il kivevé, una sorta di polenta fatta con farina di grano e zucca, il koserevá, un dolce di frutta in cui spicca il sapore dell'arancia, il ka'i ladrillo, fatto con arachidi, e l'arró kamby, una versione locale dell'europeo pudding di riso. La bevanda più importante per i paraguayani è sicuramente il mate, il tè paraguayano che costituisce più un rito che una bevanda, e che spesso viene offerto alle persone cui si vuol dimostrare maggiore benevolenza. Le sue foglie, imparentate con l'agrifoglio, vengono preparate secondo una procedura piuttosto elaborata e la bevanda viene bevuta da una zucca vuota usata come recipiente comune. Talvolta al mate vengono aggiunte delle erbe mediche per portare benifici di vario genere all'organismo. Due varianti del mate sono il mate cocido, mescolabile al latte, e il teteré, che si beve freddo come bevanda refrigerante.

venerdì 31 agosto 2007

Areguá, la città delle fragole

Areguá è una cittadina che dista solo 28 km dalla capitale del Paraguay, Asunción. Più d'una le peculiarità di questo centro paraguayano. Una di queste è la produzione di fragole. Quelle di Areguá sembra che siano le più numerose e le più buone di tutto il Paraguay. E se si visita questa cittadina tra agosto e settembre è anche possibile partecipare al Festival delle fragole, dove provare tutti i tipi di fragole prodotte dagli abitanti di Areguá. Ma, oltre alle fragole, questa cittadina è interessante anche per altri aspetti. Innanzitutto la sua collocazione naturale, che la pone adagiata tra un gruppo di colline in cui si possono trovare delle formazioni rocciose molto rare, che si dice siano presenti solo in altri 2 posti al mondo, e il lago Ypacaraí, le cui acque sono famose per i loro presunti poteri curativi. Seconda attrazione importante di Areguá sono i suoi artigiani, considerati in tutto il Paraguay molto valenti, che espongono periodicamente nelle vie della città i loro lavori. L'importanza che questa città attribuisce alle opere dell'ingegno umano è anche testimoniata dalla presenza del Museo storico dell'artigianato e delle numerose gallerie d'arte che ospitano una grande varietà di pezzi di antiquariato e opere artistiche del secolo scorso. E' molto piacevole e rilassante passeggiare tra le stradine di Areguá e le case coloniali, conservate, nella loro stragrande maggioranza, ancora molto bene.

giovedì 30 agosto 2007

La reducción gesuitica di San Ignacio Guazù

Si tratta anche di un'attrazione turistica, ma esse sono soprattutto un segno di una tappa importante della storia del Paraguay. Sono le reducciónes gesuitiche, villaggi istituiti prevalentemente nel XVII secolo su iniziativa dei missionari gesuiti, e abitati dagli indigeni del posto. Le reducciónes gesuitiche erano sia centri missionari e di aiuto sociale ed economico nei confronti della popolazione del posto, sia forme di convivenza più stabili per gli indigeni di allora, la maggior parte dei quali erano nomadi, come i guaranì, sia una forma di difesa nei confronti delle razzie dei coloni spagnoli e portoghesi. La più antica di queste reducciónes è quella di San Ignacio Guazù, fondata nel 1610 dai padri Marcial de Lorenzana e Francisco de San Martin. Nella piazza principale del paese si erge una statua del beato Roque Gonzàlez, un personaggio molto importante nella storia di questa reducción. Ma forse l'edificio più interessante della cittadina è il museo dove vengono custoditi tutti i tesori e i resti dell'antica reducción e molte opere che testimoniano l'antica arte religiosa dei Guaranì. Nel portico d'ingresso del museo si trova una lapide con i nomi dei 26 gesuiti che morirono martiri nelle missioni del Paraguay, di cui ben 3 sono diventati beati.

mercoledì 29 agosto 2007

La colonia mennonita di Loma Plata

Nella regione paraguayana del Chaco vi sono diverse colonie mennonite, tra cui la più antica e tradizionalista è quella di Loma Plata. I Mennoniti sono fedeli anabattisti che, dopo i fatti sanguinari di Munster del 1535, furono costretti a emigrare lontano dalla Germania. I Mennoniti vivono in comunità il più possibile separate dal resto del mondo, in cui cercano di incarnare i principi in cui credono: nonviolenza, carità e povertà. In Paraguay i Mennoniti iniziarono a stanziarsi definitivamente nel 1927, dopo aver esplorato le possibilità di insediamento nel Chaco paraguayo negli anni precedenti con diverse spedizioni. Arrivando a Loma Plata le scritte in tedesco sui cartelli stradali e sugli edifici, la lingua tedesca che si sente in sostituzione di quella spagnola, e lo stile architettonico delle case, diverso da quello ispanico del resto del paese, avvertono subito il visitatore della specificità di questo luogo. Attualmente a Loma Plata vivono circa 2.000 persone, e vi sono tre chiese con dei centri per le attività ricreative di giovani e ragazzi, per le iniziative delle organizzazioni delle donne della comunità e per l'apprendimento delle attività professionali. Vi sono inoltre diverse scuole, tra cui anche una Scuola della Bibbia per l'insegnamento religioso, un ospedale e una stazione radio locale. Nella città di Loma Plata si lavora come in tutte le altre città, con aziende, cooperative, uffici e negozi di tutti i generi, anche se in tutti questi si cerca di lavorare secondo l'etica anabattista. Per i visitatori, oltre che incontrare personalmente i membri di questa colonia, è possibile anche conoscere la loro storia attraverso i documenti contenuti nel museo e negli archivi storici presenti nella colonia.

martedì 28 agosto 2007

Itaguá, la città del ñanduti, il pizzo tipico paraguayano

Itaguá è una cittadina di circa 40.000 abitanti che sorge a una trentina di km dalla capitale del Paraguay Asunción, e in cui si parla come prima lingua il guaranì, anche se la maggior parte della popolazione del posto comprende anche lo spagnolo. La sua particolarità è quella di essere la sede principale della lavorazione del ñanduti, un pizzo tipico di questo paese che è considerato come uno dei prodotti più caratteristici dell'artigianato paraguayano. La parola ñanduti significa "tela di ragno" e la lavorazione di questo pizzo risale al XVI secolo, quando gli indigeni lo acquisirono dagli spagnoli. Essi però di questo tipo di pizzo cambiarono il modo di esecuzione, lo elaborarono nella foggia e nei colori, trasferendovi i simboli e il design derivante dalla propria tradizione agricola, e lo utilizzarono per ornare i loro abiti. La tradizione del ñanduti a Itaguá si tramanda di generazione in generazione, e da due secoli le donne del posto la insegnano alle loro figlie, che perpetuano cosi la lavorazione del questo prodotto. Molte signore del posto si sono riunite in un'associazione chiamata Grupo Artesanal Ñanduti, che costituisce una sorta di museo vivente di questo merletto tipico. Da 5 anni nella cittadina di Itaguá è anche presente il Museo Comunitario dei prodotti fatti a mano del Paraguay, dove è possibile vedere pezzi pregiati del merletto ñanduti.

lunedì 27 agosto 2007

Il Parque Nacional Cerro Corà, custode di natura e storia del Paraguay

Il Parque Nacional Cerro Corà è un luogo, in gran parte ricoperto di foresta tropicale secca e savana annidata tra scoscese colline, che custodisce sia parte del ricco ecosistema paraguayano, sia vestigia storiche e culturali importanti per la storia di questo paese. La sua prima funzione è quella di proteggere quel poco che resta delle distese boschive del Paraguay, ormai decimate dal processo di deforestazione, e alcune specie di flora originaria di questo paese come la guavira-mi e la aratiku- guazú, a rischio estinzione, oltre che innumerevoli erbe utilizzate all'interno della tradizione medica del popolo dei guarani per scopi terapeutici. Ma il parco svolge anche altre funzioni. Esso è diviso in 7 zone, ciascuna delle quali ha un ruolo diverso; in una zona per esempio c'è un'area deforestizzata di proprietà dell'esercito paraguayano e coltivata a mandioca, che rifornisce di questo importante alimento i soldati dell'esercito. Le 7 zone si chiamano: de uso intensivo, de uso extensivo, historica, de uso especial, de recuperacion, primitiva y primitava intangible. All'interno dell'area de uso intensivo vi è un centro dove è possibile raccogliere informazioni sulle attrazioni e le funzioni di tutte e 7 le zone. L'altra grande attrazione del parco, oltre alle bellezze naturali, sono alcuni segni importanti della storia e della cultura del Paraguay. Tra questi il Cerro Ysau e il Cerro Guazù, due monumenti naturali di notevole importanza storica perchè sulle pareti del primo vi sono innumerevoli iscrizioni rupestri, mentre il secondo, conosciuto anche come Yasuka Venda, fu una sorta di santuario-dimora della tribù dei Pai Tavitera, che popolò quest'area del paese nell'antichità. Altri geroglifici si trovano sul Cerro Tuyà, mentre il Cerro Sarambì costituisce un sito geologico molto interessante. Lungo un sentiero di terra rossa è possibile poi passeggiare tra le statue di alcuni personaggi storici molto significativi per il Paraguay, ma l'evento più importante che qui si ricorda è l'ultima battaglia della guerra contro la triplice alleanza che devastò il Paraguay tra il 1864 e il 1870, decimando la popolazione del paese. In questa occasione perse la vita Francisco Solano Lòpez, il generale dittatore e difensore della patria che morì combattendo sulle rive del fiume Aquidaban Nigui.

giovedì 9 agosto 2007

In barca lungo il fiume Paraguay

Lo scrittore paraguaiano Augusto Roa Bastos ha definito il suo paese "un'isola circondata dalla terra". Questo perché una superficie compresa tra il 30 e il 40% del Paraguay è costituita principalmente da acqua. Gran parte di quest'acqua è quella che scorre nel fiume Paraguay, la principale arteria fluviale del Paese, che nasce in Brasile e attraversa il Paraguay dividendolo in due regioni: la regione occidentale, chiamata Chaco, con i suoi terreni salati e i suoi fiumi del corso incerto, che si perdono spesso in paludi e acquitrini, e la regione orientale, nota come Paranena. Il nome di questo fiume è probabilmente di origine guaraní e starebbe a significare fiume dei payaguás: il sufisso ay significa infatti fiume, mentre il termine para deriva probabilmente da payaguá, nome che i guaraní davano ai membri alla etnia pampida del Chaco e dell'attuale Paraguay orientale che nel secolo XVI abitava la zona di conflueza dei fiumi Paraná e Paraguay. Il fiume Paraguay non ha lungo il suo percorso dighe e quindi è navigabile per una lunga distanza, seconda solo al tratto navigabile del Rio delle Amazzoni. Il primo a percorrere questo fiume fu il navigatore italiano Sebastiano Caboto, nel 1524. Il fiume oggi costituisce una via navale e commerciale importante per il Paraguay perché, in questo paese senza sbocco sul mare, garantisce il vitale collegamento con l'oceano Atlantico. Serve molte città importanti come Asunción e Concepción, e costituisce una fiorente risorsa economica anche per i poveri pescatori che vivono lungo le sue sponde, che vivono mangiando e vendendo il pesce pescato nel fiume. Inoltre è un'importantissima fonte idrica per l'irrigazione delle terre paraguayane, anche se le inondazioni periodiche del fiume impediscono una coltivazione intensiva della terra. Ed è proprio questa difficoltà nella coltivazione che ha fatto si che le terre lungo il fiume Paraguay ospitassero uno degli ecosistemi più ricchi al mondo. Per attraversarlo in barca si consiglia di fare riferimento a una delle numerose missioni stanziate lungo il corso del fiume, dove suore e missionari sono solite a utilizzare barche per spostarsi lungo il fiume da un villaggio all'altro. L'attraversamento del fiume offre paesaggi e atmosfere incantevoli, permettendo di passare in mezzo a zone di natura selvaggia e incontaminata, dove nessun essere umano è ancora riuscito a insediarsi.

mercoledì 8 agosto 2007

Il Chaco del Paraguay, la terra degli indigeni che offre un ecositema unico

Il Chaco è una regione del Paraguay che occupa circa il 60% dell'intero territorio paraguayano, ma che è abitato solo dal 10% dell'intera popolazione del Paraguay. Quest'area fa parte di quella regione più grande, denominata Gran Chaco (termine che in lingua quechua significa "territorio di caccia"), che occupa porzioni di territori anche di Argentina, Bolivia e Brasile, e che si estende tra i fiumi Paraguay e Paranà, e l'altopiano andino. Si tratta di una regione semiarida, in cui però a causa di venti stagionali, in modo particolare delle correnti antartiche, possono verificarsi delle grandi variazioni termiche tra le differenti stagioni o tra il giorno e la notte. Per esempio, vicino ad Asunciòn spesso nelle notti di luglio le temperature si abbassano quasi a raggiungere gli 0°, e a Santa Cruz de la Sierra si possono verificare i cosìdetti surazos (sempre a luglio) che consistono in un abbassamento della temperatura a quasi 10 gradi nonostante sia una zona molto a nord del tropico del Capricorno. Nel Chaco vivono molti gruppi indigeni, appartenenti a differenti etnie, come i Sanapana, i Lengua e i Nivakle, e vicino alle loro comunità spesso sorgono le numerose missioni presenti nella zona. Gli abitanti originari nell'era precolombiana furono principalmente appartenenti al gruppo chiamato dei Pámpidos, mentre in seguito, dopo la conquista spagnola, la regione ha subito importanti flussi migratori da appartenenti al gruppo Guaraní e da appartenenti a gruppi culturali andini. Dal 1880 crebbe la presenza di popolazioni di origine europea, tra cui i Mennoniti, provenienti dal Canada, e emigrati russi. Il Chaco ha un ecosistema unico, che purtroppo oggi è insidiato dalla volontà di coloro che pensano solo a occupare e fra fruttare economicamente queste terre. La foresta umida subtropicale è stata quasi completamente bonificata, ma rimangono alcuni caratteristici palmeti e, nella parte più umida del Chaco boreal, si può trovare l'albero Quebracho, albero dal cui legno si ricava il tannino. In tutto nella regione sono presenti più di 3.400 specie diverse di piante, ma la presenza predominante è quella di arbusti e cactus. Nel Chacho vivono circa 500 specie di uccelli diversi, tra cui pappagalli, tucani, aironi e struzzi della pampa (ñandù), 150 specie di mammiferi, 120 specie di rettili e 100 specie di anfibi. Non è raro incontrare animali come i capibara, i puma, i giaguari, alcune specie di cervidi, i tapiri, gli armadilli e le volpi ozelote, mentre un animale tipico di questa regione è la scimmia notturna, l'unica in tutta le Americhe.

martedì 7 agosto 2007

Il wilayat di Mahut, vecchio centro commerciale dell'Oman

Il distretto (wilayat) di Mahut, nella regione di Al Wusta, ospita 32 villaggi con un totale di circa 9.761 abitanti, ed è uno dei distretti più abitati della regione. Questa zona dell'Oman in passato era importante per la costruzione delle navi e per le rotte commerciali che collegavano l'Oman all'India e all'Africa orientale, che permettevano all'Oman di esportare i prodotti autoctoni e importare quelli che non si potevano produrre sul proprio territorio. A Mahut vi sono le spiagge di Kanasa, Las Ruis, Al Khulaf, Bantut, Ras Al Zakhar e Ras khaba Sarab. Importanti per questa zona anche le 3 isole che include, di cui una porta lo stesso nome del distretto, Mahut, ed è interessante perché su di essa si possono vedere le mangrovie scure, uniche nella loro specie, ed è possibile fare birdwatching data la varietà di uccelli migratori presenti. Le altre due isole del wilayat di Mahut si chiamano Jaz e Ab, la prima interessante per lo spettacolo naturale che offre, la seconda per il gran numero di uccelli marini che ospita, accanto a tante altre specie di uccelli migratori.

Al Duqm, il wilayat di Al Wusta dalle spiagge incontaminate

Il wilayat (distretto) di Al Duqm, situato nell'angolo sudorientale della regione di Al Wusta, è caratterizzato da numerose e incontaminate spiagge sul Mar Arabico. La spiaggia di Al Shu'ir, situata a circa 20 km dal centro del wilayat, è caratterizzata da un paesaggio spettrale costituito da piccole case di pescatori vuote, dato che i loro ex-abitanti sono emigrati tutti nel nord del Paese in cerca di fortuna. La spiaggia forse più frequentata dai turisti che provengono dagli altri paesi del Golfo è la cosidetta Tourist camps, mentre un po' meno frequentata è la spiaggia di Ras Madruka, a circa 80 km dal centro del wilayat. Spesso in queste spiagge si trovano anche delle cave che erano usate in passato dai beduini come rifugio durante le piogge o altre calamità naturali. Dalla costa di questo distretto è possibile inoltre avvistare i delfini e le tartarughe. Oltre alle spiagge, nel distretto di Al Duqm, vi sono anche aree interessanti per lo scenario naturale che offrono, come quella di Ashtaan, ricoperta di alberi verdissimi e da montagne rocciose, o per le formazioni geologiche che presentano, come le erosioni di Ras Duqm e di Rasidarah, che sembrano sculture di uomini e animali.

La regione di Al Wusta, in mezzo ai beduini e alla natura selvaggia

Al Wusta è la regione centrale dell'Oman, la seconda del Paese per dimensione, ma l'ultima per popolazione che vi risiede, ed è la sede ideale per fare del turismo avventuroso, con le sue montagne antiche, le sue colline selvagge, grotte intervallate da pianori ghiaiosi, con una costa particolarmente incontaminata con piccole cale e lagune rosa. La regione è suddivisa in 4 distretti (wilayat): Hayma, Mahut, Al Duqm e Al Jazur ed è abitata per lo più da beduini nomadi, tra cui gli uomini pescano e raccolgono i pochi frutti che la natura offre loro in questa regione, mentre le donne lavorare per conferzionare i prodotti di artigianato che poi si vendono nei suq. Questi beduini vivono in perfetta armonia con tutti gli animali che popolano la zona: gazzelle, cervi, volpi e lepri del deserto. Non è raro incontrare anche animali come l'orice arabica e, lungo la costa, gruppi numerosi di fenicotteri. In questa regione si arriva dopo un viaggio in auto di un giorno da Musqat, la capitale dell'Oman, per lo più su strade non asfaltate. Il distretto più arido della regione è quello di Haima, dove però sono di sicuro interesse le grotte di Al Raki, Al Masak e Qatar, da cui sgorga acqua che però non è potabile. Altri luoghi interessanti della regione sono le miniere di sale, dove l'erosione ha esposto i pozzi dai quali il sale è stato estratto per secoli, e Jiddat al-Harasis, un'area desertica con alberi di acacia e pianori ghiaiosi, alternati a dune sabbiose e piccole scarpate di roccia.

lunedì 6 agosto 2007

Il forte medioevale di Bahla e il castello di Jabrin

Nella regione della Dhakiliya sorge una cittadina che ha conservato gran parte della sua struttura originaria, Bahla. Questa città ha infatti mantenuto gran parte dei 12 km di mura possenti che la circondavano, lungo i quali si aprivano 15 porte d'ingresso e si innalzavano 132 torrioni. Nell'antichità Bahla era un centro famoso per la magia e per la folta presenza di maghi, e un segno tangibile di questa tradizione è visibile ancora oggi nel vecchio suq, dove i venditori legano il loro bestiame ad un vecchio albero. La leggenda racconta che questo albero era utilizzato da degli spiriti, di cui alcuni malvagi, e gli abitanti di Bahla avevano paura che essi lo portassero via; per questo essi decisero di legare l'albero con grosse catene; da qui l'usanza di legarci oggi gli animali. Bahla è anche famosa per le sue ceramiche, che si possono acquistare nei suq della cittadina. Ad appena 5 km da Bahla, sorge il castello di Jabrin, forse uno dei forti più pittoreschi e più imponenti dell'Oman. Questo castello fu fatto costruire nel XVII secolo come elegante casa di campagna da Bil'Arab bin Sultan, un imam della dinastia Ya'Aruba, noto per la sua passione per la cultura e e la poesia, e perché suo padre contribuì in maniera significativa a scacciare i portoghesi dal Paese. La tomba di quest'imam sorge all'interno del castello, a sinistra entrando dalla porta principale. I soffitti dei locali del castello sono decorati con pitture minuziose a disegno floreale, mentre sulle pareti sono incisi versi del Corano, che celebrano la bellezza di questo castello. Qui si possono vedere alcune immagini di Bahla, mentre qui è possibile vedere alcune immagini del castello di Jabrin.

sabato 4 agosto 2007

La regione Dhofar, ricca di vegetazione, di storia e di cultura

La regione più meridionale dell'Oman si chiama Dhofar, ed è la regione più verde e lussureggiante del Paese, perché lambita dal monsone di sud-ovest. La regione va dalle verdi montagne dell'entroterra, buoni per i pascoli di capre e cammelli, alla costa battuta dalle onde del Mar Arabico, passando per la pianura ricca di verdi vallate, piantagioni tropicali che elargiscono generosamente frutti quali cocco, mango, papaya e banane. La città più grande della regione è Salalah, sviluppatasi tra il X e il XV secolo come centro delle rotte commerciali lungo la costa, e che contiene 3 suq: Al Haffa (il vecchio suq), il suq Dorato e il suq Nuovo, dove è possibile acquistare il prodotto tipico di questa regione: l'incenso. Questa zona è ricca infatti dei piccoli, ramificatissimi e selvatici alberi del Lubàn (Boswellia), da cui si ricava la resina dell'incenso. A ovest della città si trovano le sue spiagge, delle distese di sabbia bianca lunghe svariati km. Altri luoghi di interesse di Salalah sono le 14 impronte del cammello sacro del profeta Saleh, situate nel viale 23 luglio, e le rovine dell'antica città di Dhufa, fondata tra il XII e il XVI secolo su un'isola formata da due torrenti che correvano paralleli lungo la costa. Queste rovine si trovano nel sito archeologico di Al Baleed, nel distretto Haffa della città, e tra essi risaltano i resti di una grande moschea, palazzi, edifici e tombe. La regione del Dhofar è molto interessante anche per la sua storia e la sua cultura. Da visitare sono i siti archeologici di Khor Rouri, moderna ubicazione dell’antica città-porto di Sumhuram, fondata nel I secolo a.C. e abbandonata alla fine del III secolo. In località Jabel Ittin, a nord-ovest di Salalah, sorge la tomba di Nabi Ayoub Job, un uomo arabo pio identificato con il Giobbe dell'Antico Testamento. La città di Marbat, a 68 km da Salalah, ora famosa per l'esportazione di pesce secco, in passato era famosa per l'allevamento e l'esportazione dei cavalli, tant'è che il suo nome deriva da Marbat Al Khail, che significa "luogo dove vengono legati i cavalli". Da non perdere anche Teyq, una delle più ampie doline del mondo, lunga 1 km e profonda circa 250 metri, il parco di Wadi Darbat, e le isole di Halaaniyaat, un arcipelago di isole a circa 50 km dalla costa di Hasik, luogo ideale per fare birdwatching, a causa della vasta varietà di uccelli migratori che ospita.

venerdì 3 agosto 2007

La grotta di Al Hoti, nel nord dell'Oman

Nel nord dell'Oman, sulla strada che da Nizwa porta a Bahla, c'è una grotta affascinante, decorata da formazioni di stalattiti e di stalagmiti, chiamata Al Hoti, ma conosciuta anche come Al Hotta. Si tratta di un tunnel di circa 3 km che corre secondo l'asse nord-sud sotto le montagne dell'Hajar, e che talvolta è interrotto da laghi sotterranei. In questi laghi si possono incontrare delle particolari specie di animali acquatici, e il più grande di essi ha una lunghezza di ben 800 metri. Nella grotta c'è un susseguirsi di stalattiti, stalagmiti e colonne che hanno delle leggere ma visibili colorazioni sulle tonalità del rosa, del giallo, del beige e del grigio. Lungo il tunnel c'è un camminamento in ferro, illuminato da luce elettrica colorata e c'è anche un piccolo trenino che porta i visitatori lungo il tunnel. La grotta ha due ingressi principali: Al Fallah e Al Hota, che però è consigliata agli speleologi esperti. La visita alla grotta deve avvenire con una guida e con tutto l'equipaggiamento di sicurezza. Qui è possibile vedere alcune immagini della grotta.

giovedì 2 agosto 2007

Sul Jabel Al Akhdar, la montagna verde, la più alta dell'Oman

Il Jabel Al Akhdar (Montagna Verde), è la montagna più alta dell'Oman, la cui cima è posta a 3.075 metri sopra il livello del mare. Questa montagna è incastonata nella catena montuosa dell'Hajar, nella regione della Dhakilya. Lungo il cammino verso la vetta si incontra il Saiq Plateau, altopiano verdeggiante ideale per fare trekking. Per visitare la montagna, è necessario munirsi di un permesso, che si può richiedere nel Jebal Al Akhdar Hotel. E' possibile salire fino a oltre 2.000 metri di altezza in macchina, attraverso una strada abbastanza ripida, e proseguire poi a piedi per visitare le parti più alte della montagna. Su questa montagne le temperature scendono fino a - 5° in inverno, ma salgono sopra i 30° d'estate. Lungo il cammino per raggiungere lo Jebal Al Akhdar si possono incontrare numerosi villaggi come Sharaija, Wadi Bani Habib, Al Ain, e Hayl Al Yaman. Durante il percorso si possono vedere le vette brulle della catena dell'Hajar, canyons profondi, terrazze verdi coltivate, distese di diversi alberi da frutto, e, nei mesi di marzo e aprile, giardini di rose irrigate naturalmente dall'acqua piovana. Sotto terra scorrono anche canali sotterranei, che contribuiscono a irrigare la regione anche in assenza di piogge, e che ogni tanto emergono sopra la superficie terrestre, talvolta formano delle piscine naturali di acqua fresca e chiara.

mercoledì 1 agosto 2007

Nizwa e il suo castello

Nizwa è una delle città più importanti del Sultanato dell'Oman ed è situata all'interno della regione settentrionale del Paese. Nizwa è sorta in un'oasi circondata dal deserto e da alte montagne abbastanza inospitali, ed è stata anche capitale dell'Oman nel VI e VII secolo. L'edificio più importante di questa città è il suo castello, posto proprio al centro della città e circondato dai suq dove si svolge il commercio di ogni genere di beni. Il castello fu costruito nel XVII secolo dall'imam Sultan Bin Saif Al Ya'ribi, anche se qualche storico ritiene che esso sia stato in realtà costruito molto tempo prima, nell'845, sui resti di un castello più antico dall'imam Assalt bin Malik al Kharusi. Sta di fatto che oggi il castello di Nizwa è il più grande castello di tutta la penisola arabica. Ci vollero circa 12 anni per costruire questo forte, realizzato con i materiali portati via da altre roccaforti nemiche espugnate come bottini di guerra. All'ingresso del castello vi sono due cannoni che lo difendono, e, una volta entrati, il castello rivela una miriade di torri, corridoi, stanze, scale e terrazze. L'elemento più importante del castello di Nizwa è la sua torre centrale, che si può salire attraverso una strettissima scalinata, fino alla cima, dove vengono conservati ancora 4 dei 24 cannoni presenti originariamente. Qui è possibile vedere alcune immagini del castello di Nizwa.

martedì 31 luglio 2007

L'Hardangerfjord, il terzo fiordo più lungo al mondo

Con i suoi 179 km di lunghezza, l'Hardangerfjord è il terzo fiordo più lungo al mondo. Anch'esso situato sulla costa sud-occidentale della Norvegia, questo fiordo è facilmente raggiungibile dalla città di Bergen. E' proprio da Bergen infatti che l'Hardangerfjord parte per estendersi in direzione nord-est fino all'altopiano di Hardangervidda, l'altopiano più alto d'Europa. Lungo il fiordo principale si diramano lateralmente altri piccoli fiordi, tra cui il più lungo è il Sørfjorden, un braccio lungo circa 50 km. L'Hardangerfjord ha una profondità massima di 800 metri, raggiunta proprio intorno alla metà del fiordo stesso. All'interno dell'Hardangerfjord, e più precisamente nella penisola di Folgefonn, si trova il terzo ghiacciao più largo della Norvegia, che ha lo stesso nome della penisola in cui sorge, copre un'area di 220 kmq, e dal 2005 è area protetta come parco nazionale. Questo ghiacciao è molto frequentato dagli sciatori d'estate per fare sci estivo. L'Hardangerfjord può essere percorso in nave con una delle numerose crociere che permettono di ammirare le bellezze naturali di questo fiordo, i suoi ghiacciai e le sue numerose cascate. Per ulteriori informazioni su questo fiordo, è possibile visitare questo sito.

lunedì 30 luglio 2007

Bergen, vecchia capitale culturale e commerciale della Norvegia

Bergen è la seconda città della Norvegia dopo Oslo, situata sulla costa sud occidentale del Paese. Molti la raggiungono come punto di partenza per una visita ai fiordi norvegesi, in quanto sorge tra il fiordo più lungo della Norvegia, Sognefjord, e uno dei più spettacolari, l'Hardangerfiotd.
La città fu fondata nel 1070, rimase capitale della Norvegia fino al 1299 e centro commerciale di primaria importanza fino a due secoli fa, soprattutto grazie al commercio di merluzzo. La città era utilizzata come importante scalo commerciale soprattutto dai commercianti tedeschi della Lega anseatica, che dettero una forte impronta anche all'architettura della città, elemento che si può vedere ancora oggi soprattutto nel quartiere anseatico di Bryggen. Bergen fu anche un importante centro religioso del Paese, con monasteri e chiese, e contribuì a diffondere in tutto il Paese il luteranesimo, che qui entrava in Norvegia portato dai commercianti tedeschi. L'elemento più caratteristico di Bergen sono le sue case in legno colorate con il loro tetto a spiovente, da godere camminando in mezzo in esse. Ma vi sono anche altri luoghi interessanti da visitare. Una tappa d'obbligo è il Fisketorvet, il mercato del pesce all'aperto dove è possibile assaggiare ai banchi salmone affumicato e gamberetti. Il Museo d'arte di Bergen testimonia la ricchezza culturale e artistica di questa città, che ha dato i natali a Edvard Grieg, di cui si può vedere l'abitazione di Troldhaugen, e ha contribuito fortemente alla diffusione delle opere di Edvard Munch. Molto bello anche l'acquario di Bergen, uno dei più grandi del nord Europa, con laghi esterni popolati da foche e pinguini. Per fare un tuffo nel passato di questa città, è consigliabile una visita al Museo di Bryggen, un museo che contiene i resti delle costruzioni più antiche della città. Di grande interesse religioso sono la Stavkirke di Fantoft, e la Mariakirken, l'edificio più antico di Bergen con i suoi 800 anni. Per godere di viste panoramiche su tutta la città di Bergen, si consigliano la funivia di Fløibanen, che dal centro porta alla collina di Fløifjellet, e quella di Ulriken, che arriva su una collina posta un po' più in altro rispetto alla prima. Su questo sito è possibile raccogliere ulteriori informazioni su Bergen.

giovedì 26 luglio 2007

In battello lungo il canale di Telemark

Al centro della regione meridionale della Norvegia scorre il canale di Telemark, unico corso d'acqua europeo insignito del premio di Europa Nostra per il modo con cui esso ha preservato l'ambiente circostante e il modo in cui viene conservato. Il canale può essere percorso con delle imbarcazioni che risalgono e discendono il tratto tra Dalen, una cittadina situata in mezzo alle montagne, e Skien, posto invece lungo la costa, nel punto in cui il canale di Telemark collega i laghi al mare. L'imbarcazione più famosa e più ambita per l'attraversamento del canale è il battello Victoria. Tutto il percorso navigabile è lungo 105 km e in esso si trovano 18 chiuse per un dislivello di 72 metri. La costruzione del canale iniziò più di 100 anni fa e fu completata nel 1892, e più di 500 uomini furono impiegati per scavare questa via tra le rocce. Quando il lavoro fu terminato, molti europei consideravano questo canale come l'ottava meraviglia del mondo. Qui è possibile vedere alcune immagini del canale di Telemark.

Le stavkirke, le chiese di legno norvegesi

Le stavkirke sono tra le costruzioni più tipiche della Norvegia. Sono chiese in legno, costruite tra la fine del primo millennio d.C. e l'inizio del secondo, e realizzate attorno ad un palo centrale che le sostiene e le bilancia. Queste chiese costituiscono una sorta di punto d'incontro tra la fede cristiana e il patrimonio culturale lasciato dall'influenza vichinga, sia nelle tecniche e nei materiali di costruzione, che negli elementi decorativi (alcune di queste presentano le teste dei dragoni che tipicamente ornavano le navi dei condottieri vichinghi). In tutta la Norvegia di queste chiese ne sono rimaste circa una trentina. La più grande di queste si trova a Heddal. La stavkirke di Heddal è stata costruita nel XII secolo e riprende la struttura di una basilica, sorretta da dodici grandi colonne e da sei colonne più piccole. Altre stavkirke si trovano a Urnes, a Hopperstan, e a Fantoft. La storia della stavkirke di Fantoft è molto interessante, perché inizialmente essa era stata costruita a Fortun, un villaggio all'interno del Sognefjord, attorno al 1150. Nel 1883, per salvarla dalla demolizione, il console Gade la spostò a Fantoft, dove però la chiesa fu bruciata nel 1992. Ma dopo il rogo, incominciò un'opera di ricostruzione che finì nel 1997 e che restituì ai norvegesi la stavkirke proprio come era prima dell'incendio. Qui è possibile vedere alcuni esemplari di stavkirke.

Le isole Svalbard, nel punto più a nord della Norvegia

Svalbard è un arcipelago di isole del Mare Glaciale Artico, che costituiscono la regione più settentrionale della Norvegia. Tra le isole che costituiscono l'arcipelago, le più grandi sono Spitsbergen, Nordaustlandet e Edgeøya, e coloro che vivono sulle isole dell'arcipelago sono in tutto 2.500 persone, che vivono di pesca, caccia e estrazione di carbone. Le isole Svalbard sembra siano state scoperte addirittura dopo la scoperta dell'America, nel 1596, dall'olandese Willem Barents, e nei secoli scorsi servirono molto come base di partenza per la caccia alle balene e per le esplorazioni artiche. La maggior parte delle Svalbard è coperta da ghiacci (non a caso il loro nome significa "costa fredda"), anche se le acque circostanti rimangono navigabili per gran parte dell'anno. Tra un isola e l'altra non ci sono ponti, ma si viaggia tramite barche, motoslitte, elicotteri o aerei. Nell'arcipelago si può osservare la specie rara dell'oca facciabianca e altre specie interessanti di uccelli. Un buon punto di partenza per la visita alle isole Svalbard può essere considerato Longyearbyen, dove si può visitare lo Svalbard Museum, che documenta storia, geologia e habitat delle isole Svalbard, e la Gallery Svalbard, con la collezione, unica al mondo, di mappe e di testimonianze delle prime escursioni a Spitsbergen. Per chi visita queste isole, interessanti sono alcuni pezzi d'artigianato locale, come gli album ricoperti di pelli di foca, le posate con manico di corno, i gioielli con denti e peli di foca o di orso polare. Su questo sito è possibile trovare preziose informazioni per visitare le isole Svalbard.

Geiranger, uno dei fiordi più belli della Norvegia

E' considerato uno dei fiordi più belli della Norvegia, forse il più bello. Geiranger si trova vicino alla parte meridionale della costa norvegese e i suoi stretti bracci si addentrano fra monti maestosi, selvagge cascate e il verde intenso della rigogliosa vegetazione. Uno degli elementi naturali che più impressionano di questo fiordo sono le ripide e torreggianti pareti rocciose a strapiombo sul mare, alte anche 500 metri, da cui scendono numerose cascate che vanno a finire nel mare, e che rendono il panorama eccezionale. Tra queste cascate, forse la più bella è quella chiamata "7 sorelle", raggiungibile solo in nave. Lungo il fiordo vi sono molti punti su cui soffermarsi. Di particolare interesse sono Dalsnibba, una cima alta circa 1.500 metri da cui si gode una bellissima vista sulle montagne e sul fiordo, la roccia sporgente di Flydalsjuvet, circa 5 km a sud di Geiranger, altro punto che offre un panorama spettacolare sul fiordo, e il bel lago nei pressi di Geiranger, che riflette nelle sue acque la montagna sovrastante con i suoi ghiacciai e il suo verde. Il fiordo di Geiranger lo si può visitare in nave, in auto, a piedi, o in mountain bike. Per avere altre informazioni su questo fiordo, è possibile andare su questo sito, mentre qui si possono vedere alcune immagini del fiordo.

In cima al Galdhøpiggen, la montagna più alta della Norvegia

Nella regione meridionale della Norvegia, chiamata Sørlandet, si trova la catena montuosa del Jotunheimen, che in norvegese significa "regno dei giganti" e che è il più imponente dei ghiacciai eterni norvegesi, attraversato dalla strada che da Bergen porta a Trondheim. Questa massiccio ospita le due cime più alte della Norvegia e dell'intera penisola scandinava: il Galdhøpiggen, alto 2.469 metri, e il Glittertind, alto 2.472 metri. Queste cime sorgono in mezzo a massicci montuosi solcati da valli profonde che raggiungono spesso il mare e sono circondati da ghiacciai e laghi. Per scalare il Galdhøpiggen è possibile raggiungere in auto quota 1881, nei pressi di Galdesand. Da qui un percorso di trekking abbastanza impegnativo consente di raggiungere la vetta del Galdhøpiggen, da dove si gode uno scenario incomparabile con un panorama su oltre trenta vette. Un'altro possibile punto di partenza è Spitertulen, sul ripido pendio della parte est della montagna. Da qui si percorre una parte erbosa, poi un lungo tratto su scomodissimi roccioni e qualche nevaio e ghiacciaietto abbastanza semplici. In circa 4 ore si può essere in vetta. Qui è possibile vedere alcune immagini del Galdhøpiggen.